Acerbi: nel 2024 non sappiamo (o vogliamo) parlare di razzismo
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Acerbi: nel 2024 non sappiamo (o vogliamo) parlare di razzismo

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Acerbi-Juan Jesus

Il caso Acerbi è l’ultima occasione in cui il sistema calcio si dimostra incapace di discutere il problema del razzismo

Il Caso Acerbi dovrebbe trovare il suo epilogo in questo fine settimana. Il procuratore Giuseppe Chinè ha deciso infatti di sentire il calciatore domani in relazione agli insulti proferiti a Juan Jesus di natura razzista – o semplici fraintendimenti, prendendo per buone la parole del difensore nerazzurro – durante Inter-Napoli. Il problema di questa vicenda è però che tocca il tasto del razzismo, un argomento con cui da anni la Serie A e il calcio italiano cerca di fare i conti da anni, ma sempre facendo fatica: in molti ricordano quando nel 2019 per promuovere una campagna contro il razzismo la Lega scelse l’illustrazione di tre scimmie e lo slogan “siamo tutti scimmie, che venne accolto con molte proteste. Anche in questa vicenda le reazioni hanno dimostrato che oggi, nel 2024, il calcio italiano ancora non sa trattare questione e non i social, ma la comunicazione istituzionale o professionale dei giornalisti.

Se ne sono dette tante, sia per difendere che per condannare Acerbi. A cominciare dal comunicato della FIGC: «Dal resoconto del difensore nerazzurro, in attesa che venga ricostruito quanto avvenuto nel rispetto dell’autonomia della giustizia sportiva, è emerso che non vi è stato da parte sua alcun intento diffamatorio, denigratorio o razzista. Si è comunque convenuto di escludere Acerbi dalla lista dei convocati […]per garantire la necessaria serenità alla Nazionale e allo stesso calciatore». Esclusione non punitiva, anzi, per tutelare il sistema e il calciatore. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Spalletti in conferenza stampa. Per l’istituzione Calcio Italiano non c’è stato razzismo, fino a prova contraria se le indagini di Chiné diranno altro, ma dando un colpo al cerchio e uno alla botta si nasconde il problema.

Non sono gli unici però: in attesa che questa vicenda – che tra fraintendimenti e dichiarazioni di “farlo nero” ha preso la china di una grottesca commedia degli errori – arrivi a conclusione, in molti, anche condannando il gesto, hanno voluto però specificare i valori morali del calciatore: da Tramezzani, a Jacobelli, Vaciago, Vernazza, Biasin. Sono in molti a dire che il gesto va condannato, ma che va anche presa in considerazione la sensibilità e moralità e liquidando l’insulto a una semplice cosa di campo, un incidente di percorso e non un comportamento razzista.

D’altra parte in molti ci hanno tenuto a ricordare che l’Italia non è un paese razzista e che Juan Jesus ha sbagliato qualcosa, praticando più o meno inconsciamente il victim blaming: Corona, Cruciani, Bargiggia, tutte voci sempre sopra la righe, pronti a trovare il vero colpevole nel politicamente corretto! Il razzismo non è un problema in Italia, ma è imporre la cultura del politicamente corretto che rovina il paese. Non sono gli unici, perchè anche voi più moderate, come Bruno Longhi o Giancarlo Dotto – pur ammettendo la colpa di Acerbi – scrivono che «hanno sbagliato tutti» o «in cosa ha sbagliato Juan Jesus».

Per paradossale che sia anche chi condanna fermamente Acerbi, a volte sembra perdere il punto, se un professionista esperto come Laudisa arriva a consigliare la blackface significa che l’entità del problema non è chiara se non si conosce il significato storico del suddetto gesto.

Quello che manca è una presa netta di posizione sul problema reale, che non è Acerbi, ma il razzismo. Quello che non si riesce, o non si vuole capire è che condannare il gesto non è condannare la persona. Acerbi si è scusato, Juan Jesus lo ha perdonato (prima che tutto prendesse la piega che ha preso), ma il gesto rimane in sospeso: ignoranza, disattenzione, politicamente corretto che sia, quello che rimane di fronte ad ogni episodio – di cui la cronaca sportivo è pieno – è il non voler affrontare di petto la cosa: non è mai razzismo, sempre altro. E così non la storia non cambierà mai.