Roma: Nainggolan, perché del politicamente corretto non ci frega nulla - Calcio News 24
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Nainggolan: perché a noi del politicamente corretto non frega nulla

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Nainggolan è uno sprovveduto da social, non un capro espiatorio: può andare bene una multa, non l’odiosa morale del politicamente corretto. Il centrocampista della Roma non può essere un modello solo perché lo stabiliamo noi

Radja Nainggolan è un gran giocatore, ma di sicuro non un ragazzo molto sveglio (col massimo rispetto, ci mancherebbe). Lo ha dimostrato tante volte al di fuori del campo di gioco ed è pure inutile fare un riepilogo delle cappellate da lui fatte finora senza i panni del calciatore addosso. Sì insomma, pane al pane, vino al vino: il centrocampista belga della Roma non è di certo un esempio per grandi e piccini. Detto questo però si potrebbe anche concludere la considerazione con un fragoroso “e ‘sti cazzi”. In quale capitolo del Vecchio o del Nuovo Testamento è scritto che un calciatore debba essere un esempio? In quale Paese più o meno civilizzato del mondo un giocatore di scarsi mezzi culturali e, consentitecelo, in parte pure cognitivi dovrebbe risultare un esempio da emulare per chi lo segue? Evidentemente solo nella patria europea dell’analfabetismo funzionale: l’Italia.

Sì, perché la verità di fondo è che il giorno di Capodanno, nei famosi video social incriminati apparsi su Instagram, Nainggolan ha fatto ciò che più o meno la metà della popolazione italica è solita fare (specie l’ultimo e il primo dell’anno): bere e fumare. Vi stupirò dicendo, e Dio mi perdoni per questo, che in molti si lasciano spesso andare pure a imprecazioni di varia natura. Così, senza una ragione valida. Non vi è nulla di apprezzabile in tutto questo: bere troppo è pericoloso, fumare fa male, bestemmiare è deprecabile, bla bla bla… In fondo lo sappiamo già tutti, tante le volte che ce l’hanno ripetuto. Eppure tant’è: questa è la natura umana, non possiamo farci poi molto. Certo, le differenze sostanziali che intercorrono tra noi, comuni mortali, e Nainggolan sono almeno un paio: lui è ricco e famoso, noi no. Soprattutto però noi (non tutti almeno) non siamo così fessi da mostrare i nostri vizi al mondo.

Nainggolan uno sprovveduto, non un criminale

Ecco, se proprio dovessimo imputare una colpa al centrocampista belga, sarebbe unicamente quella di essere uno sprovveduto seriale: Nainggolan non ha l’esatta percezione di chi è e del suo seguito. Fondamentalmente non ha cognizione di quanto, specie in Italia, ogni suo gesto possa essere oggetto di analisi sotto la lente di ingrandimento: fuma, beve, bestemmia, ma si fa anche riprendere dai tifosi mentre dice che odia la Juve perché ruba. Ragiona poco, non pesa mai le conseguenze e probabilmente, anzi sicuramente, non ha alle spalle un background e nemmeno uno staff di persone in grado di curarne sapientemente la comunicazione (argomento di cui abbiamo già parlato sotto un altro aspetto del resto. Leggi anche: BONUCCI, MA CHE È ‘STA CAFONATA?). Merita una multa per questo? Magari sì. Una multa però, non la gogna mediatica e nemmeno i rimbrotti qualunquisti di stampa, società e tifosi.

La verità è che Nainggolan ha sempre ammesso di essere ciò che realmente è: non si è mai nascosto. Non l’avrà fatto per onestà intellettuale magari (o forse sì, questo non possiamo di certo saperlo), ma semplicemente perché abbastanza ingenuo da pensare che ciò bastasse a parargli la schiena da critiche di varia natura. Lo ha fatto però: è un dato oggettivo. Un personaggio del genere, per sua stessa indiretta considerazione, non potrà mai essere un esempio e, per carità, non dovrebbe nemmeno esserlo. Secondo quale teorema degno di questo nome il calcio generalista (quello costellato di sponsor e milioni di euro) dovrebbe sostituirsi ad un modello educativo decente (famiglia, istruzione, sport)? Questa al massimo potrebbe essere la visione calciocentrica di una nazione praticamente in fondo a tutte le classifiche europee che contano (vivibilità, educazione, crescita economica) e comunque fuori dai prossimi Mondiali di calcio. Perché in fondo gli italiani sono esattamente come Nainggolan (che italiano è di adozione): più bravi a far parlare di loro fuori dal campo che dentro.

https://www.youtube.com/watch?v=zXhKap_7r8M

Il mantra del politicamente corretto

Il corto circuito da cui dovremmo uscire è fondamentalmente proprio questo: smettere di pensare che un pugno di calciatori di modesto livello culturale o sociale, così come la tv, possano prendere il posto di un genitore o di un professore nella formazione di un pischelletto qualsiasi (e in pochissimi credo possano spergiurare di non aver mai visto un genitore o un professore bere, fumare o persino bestemmiare). Nainggolan non è un modello, è semplicemente un tizio a caso che riesce a calciare decentemente un pallone: non è saper giocare a calcio che lo renderà mai un esempio però, e nemmeno l’essere spesso in tv, giocare in un club importante o guadagnare una marea di soldi. Così come l’avere un gran bel culo (ed è un complimento) o l’essere più o meno opinionista di più o meno una trasmissione di calcio non renderà Melissa Satta più idonea a sindacare sull’entità delle multe comminate al belga (leggi anche: SATTA CONTRO NAINGGOLAN: LA BATTUTA).

Abbiamo scelto di far essere Nainggolan un esempio, ma non gli abbiamo mai chiesto di esserlo. Abbiamo deciso che fosse un modello, ma non abbiamo mai sentito la sua opinione in merito (ammesso ne abbia una). Abbiamo stabilito che dovesse dire e fare ciò che noi credevamo fosse giusto dire e fare senza nemmeno interrogarci su ciò che di solito diciamo e facciamo noi, e non sempre lontano dai social. Del cosiddetto mantra del politicamente corretto siamo più vittime noi di lui e in tutto ciò è pure sfuggito un concetto chiave, ovvero che ci sono soltanto due persone al mondo per cui Nainggolan dovrebbe essere un modello: le sue figlie.