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2015

Perché è Palermo – Roma la sfida cruciale della giornata

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Roma, l’avvio di stagione che non basta: le spine di Garcia

La società gli ha riconfermato la fiducia: Garcia non si muove da Roma perché secondo il presidente James Pallotta il tecnico sa bene cosa dover fare per sistemare la situazione. Non va tralasciato però che stare a dibattere se ci sia o meno sostegno all’allenatore dopo sei turni di campionato e due di Champions League non è di per sé un aspetto alquanto rassicurante.

OBIETTIVI – Non lo è soprattutto se usciamo un attimo dalla valutazione delle singole partite e ci soffermiamo sull’analisi complessiva del mondo Roma: due secondi posti consecutivi con alti punteggi accumulati – addirittura 85 nel primo anno di Garcia, poi 70 per un totale di 155 – non valsi un titolo per cause di forza maggiore. Ossia la Juventus. Con i padroni dell’ultimo quadriennio di Serie A in piena fase di transizione ecco che a rigor di logica dovrebbero essere proprio gli uomini di Garcia ad imporsi sulla concorrenza, riportare il titolo nella capitale e scucirsi da dosso quell’ingombrante etichetta dell’eterna seconda o della perdente di lusso. A maggior ragione considerando l’importante campagna acquisti condotta da proprietà e dirigenza. Questo il necessario preambolo per spiegare l’oramai latente malcontento della piazza, giocoforza incentrato sulle aspettative appena riportate.

L’AMBIENTE CHE NON AIUTA – Attese legittime, sia chiaro, ma che nella traduzione della loro espressione certamente non danno manforte alla squadra: in quel di Roma si passa troppo rapidamente dall’essere incensato all’essere scaricato come l’ultimo dei rottami. E’ una pessima azione quella di generalizzare ma il complesso della piazza fa sì che si rincorrano troppo spesso i singoli risultati e si perda di vista la visione generale: quando si vince sono tutti fenomeni e l’allenatore non si tocca, basta la cinquina al Carpi per esaltarsi, puntualmente poi arriva la disfatta di Borisov ed i fenomeni di un giorno prima tornano brocchi. E l’allenatore da cacciare. Sono parole di chi vi scrive, sì, ma non soltanto: nel post Roma-Carpi un disponibilissimo Morgan De Sanctis – alla domanda sulle critiche ricorrenti – rispondeva appellandosi alla necessità di trasformare l’ambiente in un posto favorevole alla squadra perché il disequilibrio non porta a grandi risultati.

NEL CROLLO DI BORISOV ALCUNE SPIEGAZIONI – Il futuro della Roma 2015-16 è però ancora tutto da decifrare: dalla clamorosa sconfitta di Champions in Bielorussia arrivano alcune risposte. Prima di tutto sul piano dell’approccio: questo è il campo della personalità della squadra, della mentalità vincente, aspetto che certamente non lo si acquista al mercato. O ce l’hai – e sei un passo avanti – o altrimenti si deve lavorare sul lungo termine trasformando individualità comuni in una squadra che sappia vivere i momenti sfavorevoli così come non lasciarsi beffare da un paio di vittorie consecutive. Sul mercato, il calciomercato, è lecito cercare calciatori che hanno già respirato spogliatoi vincenti: questo è un passo spesso costoso – determinate pedine le paghi profumatamente per quello che sono – e non facilmente percorribile. Poi l’aspetto tattico: siamo certi di voler trasformare uno dei migliori centrocampisti (peraltro con chiara propensione offensiva) d’Europa in un terzino? Sì, parliamo di Florenzi. E resta forte la sensazione che la Roma dipenda tanto dall’inserimento di Rudiger: con Castan non ancora reattivo lascia diversi dubbi la scelta di abbassare De Rossi sulla linea difensiva. I difensori insomma li facciano i difensori. Serve la svolta, a partire da Palermo, in tanti leggono nel volto di Garcia l’espressione di chi parla già da ex: i risultati unica via per scappare dall’incupimento.