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Renzo Ulivieri, ma cosa stai dicendo?

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Ulivieri Serie A genoa

Carlo Tavecchio resta al vertice della FIGC, esonerato il commissario tecnico Ventura, che non si è dimesso. Le dichiarazioni del presidente dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio Renzo Ulivieri

Il nuovo corso azzurro è fatto: si riparte da Carlo Tavecchio. Ecco l’uomo nuovo deputato a rilanciare le sorti del calcio italiano dopo il clamoroso fallimento incassato dall’Italia nello spareggio con la Svezia: la mancata partecipazione al prossimo Mondiale ha giustamente portato agli sbeffeggiamenti di mezzo mondo ma le cariche dirigenziali hanno ben pensato di restare salde al loro posto. Nonché quelle tecniche: Gian Piero Ventura non si è dimesso dal suo incarico ma è stato esonerato dalla Federazione, percepirà dunque il suo ingaggio fino alla naturale scadenza del contratto. Tutto come se nulla fosse accaduto, anche a sentire il presidente dell’Associazione Italiana Allenatori Calcio, nella persona di Renzo Ulivieri.

L’intervista di Renzo Ulivieri

Queste le dichiarazioni appena rilasciate dal numero uno dell’AIAC e vicepresidente della Federcalcio Renzo Ulivieri ai microfoni di Sky Sport 24: «Ventura non è l’unico colpevole, ma il discorso riguarda l’intero movimento calcistico italiano, il lavoro fatto in questi ultimi mesi non è la causa della nostra sconfitta, altrimenti si vedrebbe il tutto con superficialità. Ho ascoltato le parole di Giovanni Malagò e non lo riconosco più come capo dello sport italiano, in un momento di difficoltà non avrebbe dovuto prendere quelle posizioni. Se l’è andata a cercare, si è fatto da solo la domanda, ho riascoltato tre volte l’intervista perché non volevo credere a quello che stava dicendo. Questi sei mesi sono stati di buon lavoro, la sconfitta pesa su tutti noi, abbiamo deciso di fare un percorso lineare, il presidente federale Carlo Tavecchio non si dimette e deciderà il Consiglio Federale. Le nostre non sono poltrone comode, non sono poltrone che ci rendono, è solo lavoro ed impegno». Il chiaro riferimento di Ulivieri va alle considerazioni espresse dal vertice del Coni Giovanni Malagò, che preso atto del fallimento della nazionale italiana di calcio aveva auspicato – nella giornata di ieri – le dimissioni di Carlo Tavecchio.

Ulivieri, cosa dovrebbe fare dunque il capo dello sport?

Secondo il pensiero appena espresso da Renzo Ulivieri dunque, il capo dello sport italiano – considerato il momento di difficoltà del calcio nostrano – avrebbe dovuto evitare tali dichiarazioni. Quasi avrebbe dovuto far finta di non vedere dunque, in pieno stile italico, rimandando problemi che ad onor del vero avrebbero già dovuto trovare una chiara risoluzione. Ben prima di ritrovarsi al cospetto di questo pasticcio, per non dire dramma sportivo. Viene dunque immediato domandarsi: quali sono le prerogative di un capo? Le mansioni di un leader che sappia rispondere al suo ruolo? Quelle di non prendere atto del disastro palesatosi sotto gli occhi degli italiani? Di parlare con il solito politichese, quello che si auspica stia stancando un po’ tutti almeno in queste ore, quel dire/non dire che ci ha portato fin dove siamo arrivati? Giovanni Malagò avrebbe potuto – e ne ha l’eloquenza per riuscire nell’intento – descrivere la situazione in essere ricorrendo al solito minestrone italiota, ripartendo le responsabilità tra esseri non individuabili e quindi indefinibili, in modo tale che alla fine nessuno sia il reale responsabile del fallimento. Ci si è talmente abituati a questo modus vivendi che, non appena qualcuno va fuori dalle righe, lo si guarda come un alieno.

Italia, si resta come si è

Ed allora prendiamo atto di una scelta inequivocabile: il calcio italiano sceglie ancora una volta di non reagire. Di non cambiare. Di far finta di nulla. E mai lo farà dunque: perché, se non lo ha fatto dopo la mancata partecipazione ad un Mondiale, quando? Cosa c’è di peggio? Non ci può bastare lo scontato esonero del colpevole Ventura, non può essere misura sufficiente a giustificare un fallimento di tale portata. Non vi crede più nessuno. Non ci può andare bene che non si scelga di cambiare, di non procedere ad una rivoluzione organica che investa ogni angolo del nostro calcio, anche a costo di ripartire da zero. Lo zero del resto lo abbiamo ampiamente superato. Non può andarci bene che si cerchino colpevoli dove non ci sono, ad esempio nel ritrovato livello del campionato di riferimento (lo dice la storia, non c’è relazione tra valore del campionato ed andamento della nazionale, guardate al fallimento della Spagna ad Euro 2016 mentre Real Madrid e Barcellona dominavano il calcio mondiale), e che invece i soliti la facciano franca, non puniti per scelte prese con ingiustificabile leggerezza e che si sono rivelate devastanti. Giovanni Malagò ha parlato come una persona consapevole avrebbe fatto. Il mondo del calcio – e non solo – ci ride dietro ma a questo punto possiamo rispondergli in un solo modo: fate bene a farlo. Noi intanto ripartiamo da Carlo Tavecchio, da chi sarà ricordato in eterno come il numero uno del calcio italiano nel momento in cui questo non è stato in grado di accedere ad un Mondiale. Anzi, continuate a farlo.