Nazionale, Ventura: «Dovevo dimettermi. Chiedo scusa all'Italia»
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La verità di Ventura: «Lasciato solo da tutti, dovevo dimettermi. Chiedo scusa all’Italia»

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Giampiero Ventura si racconta: l’Italia sfiduciata, la Nazionale ‘politica’, il playoff con la Svezia che ci è valso il Mondiale e altro ancora

Si stanno giocando i Mondiali e si sente la mancanza di una squadra, l’Italia. La mente va a quel maledetto playoff contro la Svezia e alla sconfitta più cocente nella storia della Nazionale. Giampiero Ventura, all’epoca ct azzurro, è diventato il capro espiatorio del calcio italiano. «Ho ereditato l’Italia più anziana degli ultimi cinquanta anni e la stavo svecchiando. Tutto aveva senso fino alla gara con la Spagna, poi c’è stata una demolizione senza precedenti, un delitto premeditato mai visto. È iniziata una delegittimazione continua e sono diventato l’unico colpevole di tutti i mali, un pungiball» ammette oggi, durante la Coppa del Mondo più “triste” degli ultimi anni. Ma cosa è successo a quell’Italia? Perché dopo la sfida con la Spagna di settembre 2017 si è sgretolato tutto e i giocatori sono diventati di burro? Ventura ancora non riesce a spiegarselo, ma sa che in quel momento aveva avvertito una certa sfiducia nell’ambiente: «Prima della Spagna mandai una mail alla FIGC dicendo che mi sentivo solo. Perché sono rimasto? Me lo chiedo anche io, forse per passione o per presunzione. Sentivo che ce l’avremmo fatta. Dovevo dimettermi quando Lippi non diventò dt».

La sconfitta con la Spagna fu sonora. Il 4-2-4 con cui Ventura approcciò Spagna-Italia al Bernabeu fu oggetto di critiche da parte della stampa, soprattutto da coloro che avevano ben visto quel modulo di gioco. L’allora commissario tecnico si trovò a affrontare una settimana particolare, che ricorda vividamente ancora oggi: «Un minuto dopo la gara con la Spagna c’era già chi chiedeva le mie dimissioni. Tre giorni dopo a Reggio Emilia contro Israele lo stadio fischiava dopo dieci minuti. Anche lì ho sbagliato a non dimettermi. Nessuno prese le mie difese». Poi successe il patatrac. L’Italia arrivò seconda nel gruppo – invero una posizione pronosticabile, data la potenza della Spagna – e si trovò a giocare gli spareggi con la Svezia. I risultato della doppia sfida tra Solna e Milano non va neppure ricordato, per quanto macera ancora i tifosi azzurri: «Con la Svezia sembrava che tutti si aspettassero una caduta. Sapevamo che, salvo miracoli, saremmo andati agli spareggi, ma era dipinto come un incubo. Bastava arrivare uniti alla gara con la Svezia, ci saremmo qualificati e sarei andato via, come avevo preventivato. Venne scritto che avevo abbandonato il ritiro, cosa non vera».

Si parlò anche di ammutinamento. Il mancato inserimento di Insigne, il discorso dei senatori nello spogliatoio, la reazione spropositata di De Rossi alla richiesta di scaldarsi a San Siro, furono tutti segnali negativi: «Barzagli, Buffon e Chiellini vennero a chiedermi se potevano parlare coi giovani per spiegare loro il peso della maglia. Dissi sì e si parlò di ammutinamento. Con quelle premesse anche battere la Svezia diventò una montagna. De Rossi infuriato per il cambio? Non ce l’aveva con me, ma la colpa mi venne scaricata addosso». Da allora Ventura si è visto poco in giro, ammette di aver scritto un libro-verità sui suoi due anni in Nazionale e attende di pubblicarlo. La cosa che però preme di più è chiedere scusa ai tifosi dell’Italia, dato che d’ora in poi sarà ricordato per sempre come il ct che non ci portò ai Mondiali. «Mi porto dietro un rammarico gigantesco e mi dispiace da morire. So quanto loro ci tenessero a vedere l’Italia in campo ai Mondiali. Sono incazzato nero. Sono carico come una molla e non vedo l’ora di riavere per le mani una squadra per fare calcio. Il calcio che ho sempre fatto, senza interessi e politica intorno» chiude Ventura a La Gazzetta dello Sport.