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Italia, Spalletti: «Un sogno essere qui, utilizzeremo la difesa a quattro. Sull’attaccante…»

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Luciano Spalletti

Luciano Spalletti, nuovo commissario tecnico della Nazionale, ha parlato a margine della consueta conferenza stampa di presentazione

Luciano Spalletti, nuovo commissario tecnico della Nazionale, ha parlato a margine della consueta conferenza stampa di presentazione. Ecco le sue dichiarazioni.

Inizia Spalletti: «Ringrazio Gravina per avermi dato questo bellissimo incarico e a tutto lo staff della Federazione. Sono stati giorni molto intensi, dovevano darmi tutte quelle cose per permettermi di sviluppare bene il mio lavoro e l’hanno fatto in maniera completa. Ho trascorso molto tempo in questo luogo che è l’Università del Calcio, ma essere qui alla conferenza stampa della mia presentazione come ct dell’Italia è una emozione indescrivibile, è un sogno che parte da lontano, dal 1970 quando mia mamma mi cucì una grande bandiera per festeggiare quel fantastico 4-3 contro la Germania. Quella bandiera la riporterò in campo e spero di di far rinascere quel sogno di poter portare questa bandiera in tutte le migliaia di bambini che sono a guardare la Nazionale».

DIRE SI’ A GRAVINA – «Il presidente l’ha già detto. Ha visto subito in me la voglia di assumere questo incarico, sono stato felicissimo dalla prima telefonata ricevuta. Per quanto riguarda il Napoli dico che è stata una esperienza bellissima, è stato qualcosa di travolgente forse più di ciò che uno si possa aspettare. E’ per me un ricordo bellissimo. Per quanto riguarda la clausola, niente mi farà retrocedere dal pensiero di aver preso la decisione corretta. Ci sono delle cose che dobbiamo mettere a posto dove stanno lavorando gli avvocati e io spero si possa arrivare il prima possibile alla migliore soluzione per tutte e due le parti».

COSA CERCA – «Cerco la felicità, perché è quella di cui abbiamo bisogno. Di solito però io non riesco a essere felice da solo. Non è che provo felicità per qualcosa che riguarda me stesso. La mia felicità è lo specchio che riflette verso gli altri. Non riesco a essere felice se non vedo la gente felice intorno a me. Quello diventa fondamentale. Napoli e i napoletani sono stati la mia felicità. Li ho visti talmente contenti e partecipi emotivamente che è quello che dipende dalla mia felicità. Io penso che questa cosa sia subito da chiarire anche con i calciatori, perché anche loro debbono essere felici di vestire questa maglia. Attraverso questa felicità si riesce a dare il meglio. Potrebbe essere un test. Bisogna urlare la nostra felicità a vestire questa maglia. Voglio vedere appartenenza. Perché non è una maglia qualunque. Mi ricordo un campione degli ultimi, come De Rossi, che diceva ‘ho due maglie’. La maglia del club ce la mettiamo sopra a quella della Nazionale, questa rimane sempre addosso e la porteremo dentro le squadre in cui andremo a giocare. La maglia della Nazionale, in un mondo dove si può arrivare a tutto facilmente, dove c’è accesso a tutto e Poste italiane ci consegna tutto a casa, sembra facile avere accesso a tutto. No, la maglia della Nazionale sarà un’altra cosa, sarà una sfida importante, non tutti la possono gestire. Devono essere bravi a restituire il valore della maglia con i comportamenti per poterla vestire. Noi abbiamo dei campioni che ci hanno fatto vedere che cosa vuol dire l’appartenenza. Penso a gente come Buffon, Mazzola, Rivera, Riva, Baresi, Maldini, Baggio. Ce ne sono tantissimi. Marcello Lippi che ho sentito in questi giorni e che dà sempre dei consigli che possiamo portare con noi. Questi campioni saranno sempre con noi, anche quelli che non ci sono più. Vialli sarà sempre con noi nello spogliatoio, saranno il nostro spirito guida alcuni. La storia di Buffon e di altri calciatori sarà fondamentale per sapere il comportamento di chi viene a far parte di questo gruppo. Di Gigi Buffon ne staccheremo un pezzo per uno e glielo faremo portare a casa se qualcuno non riesce a capirlo».

ESCLUSIONE VERRATTI E JORGIHNO – «Andiamo a giocare partire importanti, quindi abbiamo bisogno di spessore internazionale e di esperienza. In questo momento è fondamentale il minutaggio. All’inizio di una preparazione, calciatori come quelli che ho lasciato a casa, tipo Verratti o Jorginho, è impensabile portarli dentro».

RAPPORTI CON I CLUB – «So le difficoltà che hanno i club con le convocazioni della Nazionale, ma il club deve sapere che il bene della Nazionale è il bene di tutto il calcio italiano. È qualcosa che gli viene restituita e non dobbiamo essere mai in contrasto. Io dal punto di vista tecnico cercherò di avere un rapporto continuo con gli allenatori, ho già iniziato a chiamare qualcuno. Stessa cosa con i calciatori. Ci sono dei giocatori non convocati che meritavano di essere messi al corrente prima che venisse scritto sui giornali e l’ho fatto. Per quanto riguarda la percentuale di italiani in Serie A, viene facile riprendere un detto indiano: ‘Non è dove nasci che rivela la figura alla quale appartieni, ma dove muori’. Quindi bisogna cercare anche in altre parti del mondo. Non contano i documenti in tasca, ma la partecipazione e la voglia di far crescere il nostro calcio. Noi non abbiamo alibi, abbiamo una storia di personaggi come Lippi, Bearzot, Pozzo che ci ha indicato la nostra strada. Non ci sono scuse, non ci sono alibi. Dobbiamo dare continuazione a quella storia. Una storia bellissima e che ci rappresenta benissimo».

EREDITA’ – «Nella mia testa prendo come esempio tutte le cose di cui ho parlato adesso, di tutti i personaggi che mi hanno preceduto. Anche da Mancini eredito una buona Nazionale. Ha vinto un Europeo, ha vinto 37 partite consecutive, un record nel mondo, ha lanciato molti giovani e lo ha fatto in maniera imponente, andare a scoprire talenti che possono esserci utili. Poi, bisogna cancellare assolutamente quell’amarezza di due risultati che ci sono successi. Dobbiamo prendere le distanze dal credere di fare parte di un calcio minore, che non appartiene alla nostra storia e poi andare a cercare di fare un calcio che piaccia a tutti. La giusta via di mezzo è quello che riesce a prendere più cose e far partecipare più anime e rendere più redditizio il lavoro che fai. Noi vogliamo fare un calcio che assomigli a quello di una Nazione forte come l’Italia».

MODULO – «Di leader non ce n’è solo uno. La timidezza è una difficoltà caratteriale che alcuni calciatori si portano con sé in campo alcune volte. Ai miei tempi mi dicevano ‘sei un calciatore del giovedì’, perché poi la domenica non si riusciva a esprimere. Sono giocatori che dici ‘è di livello’, poi lo carichi di responsabilità e non lo è. La responsabilità in alcuni momenti ti schiaccia, ma per essere forti abbiamo bisogno della responsabilità. Questo incarico che mi è stato dato è della massima responsabilità. Ho intravisto che la Nazionale è una cosa veramente importante. Questa responsabilità ce la dobbiamo avere tutti. E senza io non so dare il meglio di me stesso. Quando uno mi viene addosso e vuole imporre la sua legge che divento migliore. I calciatori devono fare allo stesso modo. Non bisogna andare lì per fare tutte le pettinate. Per essere belli bisogna essere veri, pratici, giusti. Per vestire questa maglia dobbiamo essere pronti a battagliare con tutti. Il regista? Ne ho più di uno, ma va messo con un contesto. Noi vogliamo giocare con la difesa a quattro e le scelte sono state prese anche in questa ottica. Secondo me non c’è differenza, nel senso che quelli che giocano a 3 hanno caratteristiche che sposano il calcio che vogliamo fare. Noi vogliamo essere una squadra che tenta di andare a prendere la palle. Contano due cose nel calcio: la pressione e la costruzione. Tutto il resto viene di conseguenza. Se si gestisce bene poi facciamo la partita che vogliamo. Il regista, se è tecnico è chiaro che si possa fare qualcosa di più in fase di possesso. Se è più difensivo, può far sentire più tranquilli i due centrali e dargli una mano a essere più sicuri. Ho fatto dei ragionamenti per tentare di far capire quello che sarà il discorso. Locatelli fa il regista nella Juventus, secondo me ci sono altri calciatori. Cristante lo sta facendo in maniera splendida e ha quella fisicità che ti può dare una mano in una parte della partita, dove può essere avvantaggiato rispetto ad esempio a Barella a recuperare il pallone nei duelli aerei».

CHI SARA’ L’ATTACCANTE – «Di centravanti ce ne sono in Italia, ci sono giocatori in grado di vestire questa maglia. Non ho chiamato Kean e Scamacca per il minutaggio, ne ho chiamati altri tre e andrò a conoscerli. Poi è chiaro che quello fisico ha caratteristiche ben precise, ma magari Raspadori è più bravo a partecipare al gioco di squadra. Andremo a cercare cose e risposte che siano complete e ci possano dare entrambe le cose, altrimenti cercheremo di calcare la mano su chi è ben calibrato su certe caratteristiche. Ma ci sono potenzialità uguali da poter sfruttare e poi secondo me ci sono anche giocatori di altre posizioni che possono giocare lì, c’è un lavoro da fare che è una cosa normale per chi ricopre il mio ruolo e poi ho portato come me i miei collaboratori. Mi fido molto di me stesso, ma anche di loro».

CENTROCAMPO – «Il centrocampo è un territorio importante dove si possono costruire tante cose. Noi abbiamo un centrocampo tra i più forti in circolazione e questo è fondamentale per costruire qualsiasi tipo di gioco. Noi partiremo col 4-3-3, poi se avremo bisogno di uno più offensivo si può andare a mettere un sottopunta e passare al 4-2-3-1. Inizialmente si va a percorrere questa strada qui. Su Empoli dico che innanzitutto il presidente Corsi è bravo a fare calcio, quello è un ambiente che mette a suo agio i calciatori per fare una vita tranquilla per il ragazzo che si presenta per le prime volte nello spogliatoio. Ci sono determinate caratteristiche e poi ad altre parti ci sono altre cose, a Napoli tutti diventano più forti perché sentono l’amore. E così alla Roma, all’Inter e così via… Quella pressione ti permette di diventare del livello superiore perché sono abituati a vedere quel livello di calcio. A Empoli i giocatori li introducono e poi credono nei giovani e lanciano i giovani».