2009
Lazio, Reja: “Da Bearzot ho imparato uno stile di vita”
Anche Edy Reja, tecnico della Lazio e friulano come Enzo Bearzot, ha voluto scrivere un editoriale personale per ricordare il C.t. della Nazionale vincitrice dei Mondiali del 1982. Ecco quanto si legge sul sito web ufficiale della Lazio:
“Se n’è andato un Maestro. Un friulano come me, un allenatore che è stato il battistrada di tante generazioni di tecnici, compresa la mia. A Enzo Bearzot mi lega soprattutto la terra d’origine. Ma da lui ho imparato, sia pure a distanza, uno stile di vita, quello del lavoro sul campo, della compostezza, dell’orgoglio, della passione per lo sport. Del rispetto per gli altri.
L’ho conosciuto durante la mia esperienza sulla panchina del Torino. Lui era già il “Vecio” del nostro calcio. Ricordo un pranzo veloce, l’emozione forte di poter parlare con lui, di confrontare le nostre esperienze. Da friulano a friulano: Enzo, già Mito, io finalmente arrivato a una panchina prestigiosa. E’ stato un riferimento importante, era una persona dallo spessore umano straordinario. Posso dirlo: un Esempio, con la E maiuscola. Conversare con lui di tecnica mi ha dato un piacere immenso, è una delle giornate che rimarranno impresse nella mia memoria.
Credo che nel calcio di oggi non si sarebbe trovato a proprio agio. Troppo distante il suo modo di pensarlo, il calcio. Così distante dalle frenesie di oggi, dalle pressioni mediatiche, dalle polemiche infinite. Bearzot era esattamente l’uomo che abbiamo celebrato dopo la straordinaria cavalcata dell’82: il padre di una squadra intera. Difficile rapportarsi ai giocatori, guidarli col carisma e il convincimento, come ha fatto lui, e non solo in quel Mondiale baciato dal trionfo. Gli azzurri, tutti, anche i meno impiegati, lo adoravano. E fu un precursore proprio in questo, uno dei primi a capire che l’allenatore, il ct, deve essere l’uomo del dialogo, il vertice di una piramide compatta. Parlava con tutti, Nazionali e non, si faceva comprendere, si apriva e sapeva ottenere il massimo da tutti. La definirei una “linea filosofica“.
Noi friulani passiamo a volte per musoni, per introversi. Ma Bearzot, come Zoff o Capello, è stato un uomo cui piaceva raccontare, che si entusiasmava nel ricordare ma sapeva sempre rimettersi in gioco con umiltà . E’ la nostra storia di gente di frontiera. Quando mi dicevano “Sei friulano come Bearzot”, mi inorgoglivo, andavo a testa alta. Spero me lo dicano ancora perchè è il miglior complimento che si possa fare a un allenatore. A un uomo“.