Donati tra calcio e Coronavirus: «Vi spiego le differenze tra Italia e Scozia»
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Donati, calcio e Coronavirus: «Vi spiego le differenze tra Italia e Scozia» – ESCLUSIVA

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L’ex calciatore e attuale vice allenatore del Kilmarnock, Massimo Donati, tra calcio e Coronavirus in esclusiva ai nostri microfoni

L’ex calciatore Massimo Donati, ora vice allenatore al Kilmarnock, ha parlato delle differenze tra Italia e Scozia in relazione sia al calcio sia alla gestione dell’emergenza Coronavirus. Ecco le dichiarazioni rilasciate in esclusiva ai nostri microfoni.

Com’è la situazione in Scozia? Si può dire che sia il suo secondo Paese?

«Dire di sì. La situazione è che i campionati sono interrotti e hanno già assegnato il titolo in Championship, mentre l’ultimo retrocede. Per la Premiership, che mi interessa direttamente, è ancora tutto in ballo».

Che impressione si è fatto dall’estero del caos attuale in Serie A? È giusto riprendere il campionato?

«È difficile da dire, bisogna mettere la salute delle persone davanti. È vero che il calcio è un business importante, ma così come il calcio ci sono altre cose importanti e tanti altri settori sono in difficoltà economica. Adesso sta alle persone di competenza capire se c’è la possibilità di ripartire. L’importante è che non vengano messe a rischio altre persone, dopo tutto quello che è già successo».

Le manca l’Italia?

«Sì e no… qua la vita è più organizzata e funziona tutto molto meglio. Mi manca l’Italia ma per la sua bellezza, per come si mangia, per le tante amicizie che ho lì. Sono un uomo di mondo, mi piace stare anche fuori dall’Italia: questo non vuole dire che lo farò per sempre, magari fra un anno rientro, però diciamo che mi sento a casa dappertutto».

Come procede la sua carriera da allenatore? Qual è il tecnico che l’ha influenzata maggiormente?

«Procede bene. Ho fatto due anni di settore giovanile qua in Scozia e adesso sono assistant manager (vice allenatore, ndr), un ruolo che mi può dare tanta esperienza, che poi è quella che mi manca per iniziare la mia carriera da primo allenatore: non vedo l’ora. I due tecnici da cui ho imparato di più sono Gasperini, che ho avuto a Palermo, e Ventura, con cui ho avuto il piacere di lavorare a Bari. Nonostante sia finito nell’occhio del ciclone dopo la parentesi con la nazionale, Ventura è un grandissimo: con lui e Gasp entravi in campi e sapevi già tutto, sapevi esattamente cosa e come sarebbe successo. Ecco, quando sarò allenatore vorrei che i miei giocatori sapessero già nel dettaglio cosa andranno a fare in partita».

A proposito di Gasperini, che effetto le fa vedere l’Atalanta lassù e in Champions League?

«È fantastico, ormai sono tre anni che viaggiano ad alti livelli. È la dimostrazione che quando una società è ben organizzata, le cose si fanno bene. Hanno trovato l’equilibrio perfetto tra squadra, società e tifosi e partono dal settore giovanile: i risultati non sono casuali. Gasp, che è un maestro, si è ritrovato nell’ambiente perfetto per lui».

Intervista a cura di Paolo Priolo