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Roma, De Rossi: «Dispiaciuto dalle modalità». Fienga: «Porte sempre aperte»

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Le parole di Daniele De Rossi in conferenza stampa. Il centrocampista della Roma annuncia l’addio ai giallorossi ma non al calcio giocato

Daniele De Rossi lascia la Roma ma continua a giocare. Il capitano romanista giocherà la sua ultima partita con la maglia giallorossa contro il Parma, fra 10 giorni. Poi continuerà a giocare, forse in MLS. Presenti anche i compagni con la maglia De Rossi e il segno dell’infinito. Ecco le sue parole.

Prende parola Guido Fienga, dirigente della Roma: «La società ha deciso di non rinnovare il contratto con Daniele. Abbiamo parlato a lungo e ho espresso a Daniele la volontà e il desiderio di avere Daniele in società, di continuare la carriera nel percorso che lui deciderà. Quasi egoisticamente, ho sperato e lo faccio ancora, che Daniele voglia accogliere l’idea di starmi accanto perché mi avrebbe fatto comodo avere un vice come lui, per prendere delle decisioni, in un contesto in cui l’azienda si è resa conto di dover cambiare e correggere delle decisioni fatte nel recente passato. Daniele coglierà questo tipo di disponibilità subito o quando vorrà. La proposta è sempre valida: per la Roma e per il management della Roma. Mi auguro che quando deciderà di accogliere questa proposta, riusciremo ad accelerare lo sviluppo dei progetti. Daniele ha espresso altre idee ma non entro nel merito. Rispettiamo le sue idee. Sono onorato del confronto trasparente e leale con lui».

De Rossi risponde alle domande dei giornalisti: «Farei scelte diverse rispetto a delle cose quotidiane ma le mie scelte, la mia decisione di rimanere per sempre fedele a questa squadra no, non tornerei indietro. Se avessi qualche bacchetta magica metterei qualche coppa in bacheca ma non posso farlo. L’affetto dei tifosi? Lo hanno dimostrato nel corso degli anni, di tenere veramente a me. Io ho fatto la stessa scelta e non li ho cambiati per qualche ipotetica coppa. Ci sono stati 4-5 anni che ho avuto delle opportunità di andare in squadre che ipoteticamente vincono più della Roma. Oggi sarebbe un dramma se dicessi che avrei preferito andare via per vincere, loro potrebbero dire ‘che ci facciamo con De Rossi, meglio Iniesta e avremmo vinto di più’. Magari da ex calciatore potrei intrufolarmi con il panino e la birra in qualche settore ospiti a tifare per i miei amici. I miei pensieri? La decisione mi è stata comunicata ieri ma non sono scemo, ho 36 anni e avevo capito. Se nessuno ti chiama per 10 mesi per ipotizzare un qualsiasi tipo di contratto, qualcosa vuol dire. Io ho parlato poco per non creare problemi alla squadra. Ringrazio l’amministratore delegato per l’offerta e per come mi ha trattato in questi mesi. Volevo ringraziare anche Massara. C’è grande affetto e stima. Se andrò avanti per un anno-due anni da calciatori vedremo. Sono cose che vanno rispettate e io non posso uscire diversamente da questa maniera qui. Io non ho cercato nulla, ero convinto che questa squadra potesse arrivare in Champions, fino al pareggio di Genova non volevo distrarre anche me stesso dalla nostra corsa. Non ho direzioni particolari. Mi sento ancora un calciatore, ho ancora voglia di giocare e mi farei un torto grande e ingiusto se dovessi smettere adesso. Non sono d’accordissimo che debba essere un calciatore a scegliere di smettere quando giocare, c’è una società a farlo, l’ho detto anche a Totti e a Del Piero. Poi si può discutere sul fatto che io potessi ancora dare una mano a questa squadra, anche part-time. Qualcuno un punto deve metterlo. Le modalità un pochino mi sono dispiaciute, ci siamo parlati poco. Le distanze forse creano questo e spero che la cosa migliori. Io posso consigliare e chiedere ai tifosi di stare vicini ai giocatori perché meritano sostegno».

Ancora Daniele De Rossi: «Io allenatore? Mi piace, l’ho sempre detto. Il dirigente non mi attira a 360° ma qui a Roma poteva avere un senso diverso. La sensazione è che per ora si possa incidere poco in un ambiente che noi conosciamo bene e non è polemica. Lascio il lavoro sporco a Francesco. Se cambierò idea, lo raggiungerò. E’ vero che mi accoglieranno a braccia aperte ma la sensazione è che mi piacerebbe fare un altro lavoro, quello dell’allenatore, ma prima devo studiare. Il romanismo è qualcosa che ha contato molto per noi. E’ qualcosa di importante ed è in mani salde perché Pellegrini e Florenzi possono continuare questa identità. Non gli va chiesto di scimmiottare me e Francesco, devono andare avanti così. Però c’è un Bryan Cristante che viene dal nord, non è romanista ma io ne voglio altri 100. La Roma ha bisogno di grandi professionisti per vincere. Ho detto Cristante ma ne avrei potuti dire tanti, tanti altri».

Fienga parla della decisione della Roma di non rinnovare il contratto: «Parlando ieri con Daniele, la prima cosa che ho detto a nome della società, è che mi scusavo dal fatto che il discorso non fosse stato affrontato prima. Ma quest’anno ci sono stati vari avvicendamenti in società e questo è figlio di quello che è successo quest’anno. Mi ero impegnato con Daniele a raccontare trasparentemente tutte le decisioni della società. Ho spiegato a Daniele che la società non lo poteva considerare come un allenatore al momento ma lo riteniamo come persona pronta e matura per riorganizzare questa azienda. Lui è dirigente da un bel pezzo e non se lo vuole dire, vuole giocare e lo rispettiamo. E’ pronto ad assumersi queste responsabilità. L’ho indicato e caldeggiato ad occuparsi di questo, anche ad aspettare per eventuali scelte da allenatore, perché ritengo sia in grado di aiutarmi e anche, un domani, di sostituirmi. Il discorso è stato condizionato dai problemi avuti, inutile nascondersi. Tutto è stato mosso poi dalle considerazioni dell’azienda. C’è un particolare apprezzamento per quanto fatto. Noi rispettiamo la sua scelta, abbiamo apprezzato di come lui abbia rispettato la nostra. Quando Daniele deciderà di mettersi un’altra casacca, anzi una giacca, e di aiutare a sviluppare l’azienda e il club che conosce meglio di tutti, è ben accetto, siamo convinti che darà una grande mano e l’azienda ha bisogno di questo».

Riprende De Rossi: «Ho varcato quel cancello a 11 anni. Io voglio giocare, loro non vogliono. La differenza di vedute ci sta, non posso essere felice. Non posso avere rancore nei confronti della dirigenza. Un giorno parlerò con il presidente e con Baldini. Mi immaginavo un addio con i cerotti e zoppo con loro che mi dicevano ‘ti prego, continua continua’. Lui dice che sarei stato un bravo dirigente e io a un giocatore come me avrei rinnovato il contratto. Sono uno che si è sempre difeso, che non crea problemi nello spogliatoio. Non abbiamo mai parlato di soldi, di niente. Ma sono sereno».

Ancora Guido Fienga: «Non c’è distacco tra di noi. Abbiamo idee diverse ma l’invito che abbiamo fatto non dimostra distacco e mancanza di stima. Abbiamo idee diverse ma ci siamo confrontati e affrontati. Nessuno vuole mandare via Daniele da questo club».

De Rossi: «Un piccolo rimpianto, un piccolo dispiacere, ho avuto che la squadra diventasse sempre più forte, più vicina a quelli che vincevano e poi un passo indietro. Ma queste sono le leggi del mercato. Ognuno si compra la macchina che può, spende quello che ha. Ma non posso fare delle critiche per questo. Spero che con lo stadio la Roma possa crescere ancora. Tanti giocatori sono andati via ma dopo 2 mesi mi hanno detto ‘come stavo bene a Roma, vorrei tornare’. A Roma si sta bene, bisognerebbe fare quel passo in più. La Roma è una squadra forte, con tanti giovani interessanti. E’ una squadra che ha futuro. La sensazione che si sia sbagliato qualcosa c’è, ma non ne parleremo oggi. La consapevolezza dell’addio è cresciuta durante l’anno. Avevo il contratto in scadenza. Con Monchi ne abbiamo parlato 2-3 volte e mi ha rassicurato. Poi dopo l’addio non sono andato a chiedere nulla a nessuno. Io l’ultima volta ho firmato il contratto dopo l’addio di Francesco. Anche lì c’era stata incertezza. Obiettivi futuri? Dal 27 maggio vado in vacanza. Ho bisogno di staccare ma poi dovrò trovarmi una squadra. Preclusioni? Vediamo. E’ una nuova. Ne devo parlare a casa, con il procuratore, devo parlare con me stesso. Quale partita cambierei? Liverpool-Roma, è stato come un sogno e come vedere un film. Anche Messi, che ha vinto tutto, ha rimpianti. Un altro che ha vinto il Mondiale e non ha vinto la Champions. La vittoria è il fine ultimo di quello che facciamo. Io devo ringraziare Dio per la carriera che ho fatto, avrei firmato per farne una simile a quella di mio padre con 15 anni di C, è il mio idolo. Voglio ringraziare i miei compagni ma anche i miei avversari, tipo l’astio sportivo che sentivo a Bergamo, a Reggio Calabria, a Napoli, nei derby, mi hanno fatto sentire vivo. Sono contento di avere anche dei nemici sportivi che si identificavano in me perché vuol dire che ero un simbolo per qualcuno».. La conferenza stampa si chiude con un applauso della sala stampa, con la squadra in piedi.