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L’economia del calciomercato: perché (e quando) i club italiani comprano e vendono
Il mercato della Serie A non si basa solo sui giocatori che vengono acq͏uistati, ma anche dalla capacità dei club di poterseli permettere. La gestione economica non è affatto semplice, soprattutto se il divario tra Serie A e Premier League è così ampio. Poi ci sono anche le nuove regole UEFA sul costo della rosa. Insomma, sono tanti i fattori che i club devono tenere in considerazione per fare un acquisto.
Ci è capitato tante volte di vedere una squadra che vende un titolare all’ultimo minuto e, nella maggior parte dei casi, il motivo è economico. I budget sono piuttosto compressi, i ricavi sono moderati e quindi c’è da valutare con grande attenzione ogni mossa. Possiamo vedere queste oscillazioni se osserviamo le quote scommesse, i migliori siti di scommesse ti permettono di visualizzare le quote ed è subito chiaro quante queste siano influenzate dal calciomercato, dagli acquisti e dalle vendite. In Italia, i ricavi TV della Serie A valgono circa €900 milioni a stagione, certo è una base stabile, ma è molto inferiore ai competitor europei.
Diritti TV e cassa: su cosa si basano le decisioni di mercato
La Serie A ha un accordo 2024-2029 con DAZN e Sky, però la cifra è molto lontana rispetto a quella della Premier League e leggermente sotto quella della Bundesliga. In pratica, chi fa calcio in Italia parte con un motore meno potente. Questo si riflette su tre scelte operative:
- Timing delle operazioni: I club aspettano di ricevere gli introiti UEFA o le cessioni prima di fare un acquisto. Questo viene fatto per non sforare i parametri interni.
- Durata dei contratti: Più lungo è il contratto, più si può spalmare l’ammortamento del cartellino, così si riesce a tenere il costo annuo sotto controllo.
- Ribilanciamenti a fine finestra: Se non entrano delle offerte, salta l’acquisto. È matematico.
All’orizzonte, il governo ha discusso di abolire la no single buyer rule per la vendita dei diritti TV, con l’obiettivo di spingere la competizione tra i broadcaster e, chissà, di alzare i ricavi futuri. Per ora è un percorso normativo, ma se passasse potrebbe cambiare i conti del prossimo ciclo.
Le nuove regole UEFA: il tetto sul costo della rosa
Dal 2025/26 entra a regime la Squad Cost Ratio di UEFA: costi di rosa (stipendi, ammortamenti dei cartellini e commissioni) massimo al 70% dei ricavi. Siamo al terzo step della transizione (90% nel 2023/24, 80% nel 2024/25, 70% dal 2025/26). Cosa significa? Che se fatturi 200 milioni, il conto per stipendi+ammortamenti non può superare circa 140 milioni. Superare la soglia espone a delle sanzioni economiche e persino sportive.
In Premier League, per inciso, si discute anche di un anchor interno, cioè di un tetto legato ai ricavi del club più piccolo. Questo è un segno che tutta l’Europa sta cercando di frenare la corsa dei costi. Per i club italiani, questo contesto esterno è quasi un assist, se i vicini rallentano, diventa più facile restare competitivi tenendo i conti in ordine.
Fine del Decreto Crescita: ingaggi più cari per gli stranieri
Per anni il Decreto Crescita ha reso più sostenibili gli ingaggi dei giocatori provenienti dall’estero. Dal 2024 il quadro è cambiato, gli incentivi sono stati ridotti e l’accesso è più restrittivo. Questo significa che c’è meno sconto sull’Irpef, quindi il costo lordo è più alto per chi arriva da fuori. Qual è l’effetto pratico? Più trattative virano sui profili formati in Italia o sui prestiti con condivisione dell’ingaggio con il club cedente.
Chi ha speso quest’estate e perché
Guardiamo l’ultima sessione estiva. Il Milan è stato il club che ha investito di più, circa 164 milioni di euro, seguito dalla Juventus con circa 137 milioni di euro e dall’Atalanta con quasi 130 milioni di euro. Dietro queste cifre ci sono delle scelte diverse:
- Il Milan ha accelerato sui profili da impatto immediato
- La Juve si è imposta per tornare forte in Europa
- L’Atalanta ha reinvestito parte delle plusvalenze e del boost sportivo post-Europa League.
Se allarghiamo l’obiettivo alla Serie A nel 2025/26, l’Italia resta comunque una lega che vende più di quanto spende. È un modello deliberato, che finanzia una parte degli acquisti con le uscite e protegge il rapporto costi/ricavi. È il motivo per cui vediamo tanti prestiti con opzione, diritti di rivendita e bonus legati alle presenze e ai risultati.
L’effetto Arabia si è normalizzato, la concorrenza cambia tono
Dopo lo shock iniziale, i club della Saudi Pro League hanno ridotto il ritmo di spesa per puntare a una sostenibilità maggiore. Questo significa che ci sono meno aste impossibili sui cartellini, anche se gli stipendi offerti restano spesso fuori portata per la Serie A. Questo ha tolto qualche pressione sui prezzi globali e sta aiutando le italiane a trattare con più calma.
Sostenibilità per non pagare i conti nel lungo termine
Il mercato dei club italiani nel 2025 ruota attorno a un principio semplice: prima si proteggono i conti, poi si cerca l’occasione. Con i ricavi TV domestici contenuti, la Squad Cost Ratio al 70% e minori vantaggi fiscali sugli ingaggi dall’estero, ogni acquisto deve stare in piedi numericamente oltre che tecnicamente. Chi accumula competenze nel player trading, chi aumenta i ricavi ricorrenti e chi costruisce contratti intelligenti resterà competitivo senza forzare i bilanci. Gli altri dovranno scegliere: una stella in meno oggi, per non pagare il conto domani. E nel frattempo, leggere bene i numeri è il vero colpo di mercato.
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