Gaia Brunelli: «Concludere la Serie A femminile per dare un segnale»
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Calcio Femminile

Gaia Brunelli: «Concludere la Serie A femminile per dare un segnale morale» – ESCLUSIVA

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Gaia Brunelli, giornalista e telecronista di Sky Sport ed esperta di calcio femminile, parla della situazione che sta affrontando la Serie A. Le sue parole in esclusiva

Inviata sui campi di Serie A, in cabina di telecronaca o negli studi di Sky Sport, Gaia Brunelli è una delle voci più autorevoli quando si parla di calcio femminile. La giornalista e telecronista, in esclusiva a Calcionews24, ha parlato della situazione attuale della Serie A femminile e della crescita del movimento.

Sul tema della ripresa del campionato femminile ci sono varie posizioni: c’è chi ritiene sia giusto ripartire, chi invece no. Quale sarebbe la cosa giusta da fare?

«Credo che sarebbe giusto portarlo a termine, con la possibilità di lavorare in totale sicurezza, di creare delle situazioni che possano andar bene anche alle squadre non appoggiate a quelle professionistiche. Mancano 6 partite, in un mese, con 4 domeniche e due infrasettimanali, hai finito il campionato. Non si può non prendere in considerazione le squadre che sarebbero più in difficoltà. C’è bisogno di un aiuto. Per quanto riguarda quello che è stato il modello indicato da Fifa e Uefa, penso che sarebbe un peccato chiuderlo qui e non poterlo finire. C’è bisogno di un segnale: è un movimento che sta crescendo. Secondo me, per dare il valore giusto all’evoluzione dal Mondiale ad oggi, sarebbe giusto finirlo. È un concetto morale. Ci vuole una decisione da parte della Figc, anche a costo di andare in contro a difficoltà oggettive come quelle di squadre che hanno tenuto in piedi il calcio femminile fino ad oggi, ma che al momento appaiono superate dalle forze delle squadre maschili. Senza nulla togliere ciò che hanno fatto, la strada deve essere quella di avere due squadre maschili e femminili. Per le società e per i tifosi, che avranno due squadre del cuore».

A proposito di queste società, potrebbe esserci una crisi dopo questa emergenza. Immagini degli aiuti da parte della Federazione?

«C’è un comitato scientifico che verrà a coadiuvare le richieste delle società per poter proseguire il campionato. È chiaro che ci vogliono aiuti da parte della Figc, anche se non mi sento in grado di quantificarli. Mi viene da pensare anche alle situazioni geografiche: il Tavagnacco in Friuli magari ha più chance di giocare rispetto all’Orobica che sta a Bergamo. L’Orobica avrà una serie di problematiche come quella del campo. Non so se ci saranno le partite a Bergamo. Può darsi che alcune società abbiano più necessità di altre di trovare anche un campo per tornare a giocare».

Per quanto riguarda invece l’aspetto prettamente economico, potrebbe esserci difficoltà anche solo nel pagare gli stipendi alle calciatrici?

«In questo momento, da quello che so, sia Bari, sia Orobica che Tavagnacco abbiano sospeso il pagamento delle giocatrici e loro hanno potuto richiedere l’indennità. Più che altro a livello burocratico potrebbe essere un problema il prolungamento del contratto, soprattutto per le straniere, perché magari si sono organizzate per giocare in un’altra squadra dopo la fine della stagione. Gli stipendi sono al momento congelati, quindi eventualmente se ne riparlerà per quello che sarà il loro impegno dopo una ripresa».

Se il campionato non dovesse riprendere vedi possibile l’assegnazione dello scudetto?

«Non credo che sarebbe giusto, al di là che la Juve lo meriterebbe. Sono sempre un po’ scettica in merito a queste assegnazioni. In Ligue 1 hanno assegnato uno scudetto al Psg senza finire il campionato… Quello su cui devono pensare in maniera attenta è l’eventuale secondo posto. C’è anche la possibilità di giocare uno spareggio tra Milan e Fiorentina che sono a pari punti. Se invece non ci sarà nemmeno la possibilità di giocare una partita, la Fiorentina è avanti come gol fatti e ranking Uefa, e andrebbe in Champions. Credo sia importante assegnare i posti dell’Europa, ma lo scudetto non lo assegnerei. Credo che non sia del tutto corretto, se non lo porti a termine il campionato è un po’ falsato».

Sei preoccupata che il calcio femminile perda quei progressi fatti nell’ultimo anno?

«Sì, ma paradossalmente questa situazione, per quanto nociva all’evoluzione del movimento, può anche far capire quali sono le vere necessità. Creare un senso di appartenenza, con colori, le maglie, i numeri… Fare paragoni puliti, come: “Questa giocatrice somiglia a quel giocatore”… La direzione giusta è quello di farlo diventare un movimento a tutti gli effetti, una Serie A a tutti gli effetti. In Serie B ci sono Lazio e Napoli che spingono per salire: sarebbe bellissimo vedere un Derby di Roma, sarebbe bellissimo vedere un Napoli in Serie A… Io mi auguro che ci possa essere un movimento così, da dare per scontato come la Serie A maschile».

Magari questa situazione potrebbe incentivare anche il passaggio al professionismo…

«Come tutte le cose è giusto andare in maniera cauta e prudente. Prima di parlare di puro professionismo c’è da pensare alle tutele delle atlete donne. L’unico sport che congela il ranking di una classifica italiana in caso di gravidanza è la scherma. Le atlete donne hanno bisogno di tutele: dalla maternità agli infortuni. Andrebbe fatto un lavoro ad hoc per le ragazze, ci sono tante cose che vanno corrette nell’ambito sportivo femminile. Il passo è arrivare a quello».

È di ieri la notizia del risarcimento negato alla Nazionale femminile degli Stati Uniti per la parità salariale con gli uomini. Come vedi questa decisione?

«Loro sono delle dive, delle stelle, sono al pari di quello che può essere una squadra maschile qui da noi. Gli sport nazionali maschili negli Stati Uniti sono altri, e le donne hanno preso questo spiraglio. Lì è una battaglia che stanno portando avanti da anni. C’è una lotta continua: ci saranno vittorie e sconfitte, ma sono donne che si permettono di arrivare ad una finale e di non andare alla Casa Bianca. C’è una consapevolezza totalmente diversa. È una Nazionale che porta avanti qualcosa che va al di là del calcio: è qualcosa di sociale, politico, razziale. È un mondo bellissimo, aver commentato la finale degli Stati Uniti mi ha fatto rendere conto che in campo non c’è solo il calcio».

Che emozione è stata commentare la finale del Mondiale di Francia?

«Al di là dello spettacolo in sé dal punto di vista calcistico, quello che mi ha impressionato della finale del Mondiale è proprio la sensazione che le donne riescano a dar sempre qualcosa in più. C’è la sensazione che stai giocando a calcio ma stai facendo anche tanto altro: stai facendo la storia, stai parlando di politica, stai affrontando problemi sociali, razziali, etnici. Era di più di una semplice finale del Mondiale e solo le donne possono fare una cosa del genere».

Si ringrazia Gaia Brunelli per la disponibilità.